Animali

Responsabilità civile

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  1. alfredo carbognani
     
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    È obbligo delle regioni provvedere ad approntare misure idonee per evitare che la fauna selvatica arrechi danni a cose o persone, con la conseguenza che è il suddetto ente obbligato a risarcire i danni causati da un cinghiale a un automobilista di passaggio, a nulla rilevando che l'animale provenisse dall'area di un parco naturale, affidato alla gestione di un apposito ente.

    (Conferma, Trib. Teramo 9 aprile 2003).


    Cassazione civile, sez. III, 10/10/2007, n. 21282
    Reg. Abruzzo c. (avv. gen. St.) c. Di Marco c. (avv. Appicciafuoco, Scipioni).
    Giust. civ. 2007, 12, 2683


    (1) Non consta alcun precedente sulla configurabilità di una responsabilità concorrente della regione e dell'ente parco per i danni causati dalla fauna selvatica, sebbene sia ormai copiosa la giurisprudenza in tema di danni causati da quest'ultima.
    In linea generale va ricordato come debba ritenersi ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità - dopo qualche contrasto nella giurisprudenza di merito - il principio secondo cui va esclusa l'applicabilità dell'art. 2052 c.c. nell'ipotesi di danni causati dalla fauna selvatica (Cass. 24 giugno 2003 n. 10008; Cass. 14 febbraio 2000 n. 1638, in Danno resp., 2000, 397, con nota di Di Ciommo, Il cinghiale carica, nessuno risponde: brevi appunti sulla (ir)risarcibilità dei danni causati da animali selvatici; nello stesso senso, per la giurisprudenza di merito, Pret. Roma 10 marzo 1998, in Giur. romana, 1998, 247; contra, in precedenza, si erano invece pronunciati Trib. Perugia 11 dicembre 1995, in Foro it., 1997, I, 315; Pret. Ceva 22 marzo 1988, in Giur. agr. it., 1989, 110; Pret. Cosenza 5 luglio 1988, in Foro it., 1988, I, 3629, secondo i quali, in virtù dell'appartenenza di tutti gli animali selvatici al patrimonio indisponibile dello Stato, sussiste la responsabilità della pubblica amministrazione per i danni arrecati ai privati dalla fauna selvatica.
    Tale orientamento si fonda sulla considerazione che sebbene la fauna selvatica rientri, ex art. 1 l. 11 febbraio 1992 n. 157, nella categoria dei beni patrimoniali indisponibili dello Stato (di cui all'art. 826, comma 2, c.c.), nondimeno lo Stato non può essere chiamato a rispondere, quale proprietario, del danno causato dall'animale selvatico, in quanto «il fondamento primo della responsabilità presunta di cui all'art. 2052 c.c. risiede non tanto nella proprietà (ed infatti in essa incorre anche il semplice utente) quanto nel potere-dovere di custodia, ossia nella concreta possibilità di vigilanza e controllo del comportamento degli animali, per definizione non configura bile nei confronti della selvaggina, la quale tale non sarebbe se non potesse vivere, spostarsi e riprodursi liberamente nel proprio ambiente naturale; di talché può ben dirsi che questo stato di libertà sia concettualmente incompatibile con un qualsiasi obbligo di custodia incombente alla pubblica amministrazione» (Cass. 14 febbraio 2000 n. 1638, cit.; nello stesso senso, Cass. 28 marzo 2006 n. 7080).
    Del danno cagionato dalla fauna selvatica tuttavia lo Stato o le regioni (alle quali spetta ora la potestà di disciplinare la specifica materia) possono essere chiamati a rispondere ai sensi dell'art. 2043 c.c., ove ovviamente ne ricorrano i presupposti, e cioè la colpa e il nesso causale (Cass. 15 marzo 1996 n. 2192, ivi, 1996, I, 1216; Cass. 12 agosto 1991 n. 8788, in Giur. it., 1992, I, 1, 1795). Tale principio non viene meno nemmeno nel caso in cui la regione abbia adottato una legge che preveda la corresponsione di un indennizzo per i danni causati da animali selvatici, giacché tale misura non ha natura risarcitoria, ed il suo pagamento è subordinato a un accertamento amministrativo a fronte del quale il danneggiato vanta un mero interesse legittimo, non un diritto soggettivo (Cass. 20 aprile 2005 n. 8290).
    A tali princìpi si deroga per i danni causati da fauna selvatica che trovi il proprio habitat all'interno di un parco naturale. In tal caso, infatti, l'art. 15 della legge-quadro sulle aree protette (l. 6 dicembre 1991 n. 394) prevede, senza margini di discrezionalità, l'obbligo dell'ente parco di indennizzare i danni suddetti nel termine di novanta giorni dal loro verificarsi (cfr. Cass. 4 maggio 2004 n. 8430 e Cass. 17 marzo 2004 n. 5417, in Danno resp., 2005, 289, con nota di Foffa, Cinghiali e conflitti di giurisdizione, le quali hanno precisato che la giurisdizione spetta al giudice ordinario). Per l'affermazione secondo cui l'art. 15 l. n. 394, cit. (secondo cui «l'Ente parco è tenuto a indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco») sia norma sufficiente a giustificare la condanna dell'ente parco al risarcimento dei danni causati da un cinghiale (non solo alle colture agricole, ma anche) a un automobilista di passaggio, cfr. Giud. Ascoli Piceno 8 febbraio 2005, in Dir. lav. Marche, 2005, 117.


    La l. 11 febbraio 1992 n. 157 ha attribuito alle regioni la competenza ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela della fauna selvatica e ad esercitare le funzioni di programmazione e pianificazione al riguardo, per cui compete ad esse l'obbligo di predisporre le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone o a cose. Ne consegue che va proposta nei confronti della Regione la domanda di risarcimento del danno, il cui risarcimento non sia previsto da apposite norme, provocato alla proprietà privata dalla fauna selvatica. Non osta all'applicazione di tale principio l'art. 15 l. n. 394 del 1991, in quanto la norma, significativamente intitolata "Acquisti, espropriazioni ed indennizzi", disciplina una materia diversa da quella del risarcimento dei danni cagionati alla proprietà privata dalla fauna selvatica. (Fattispecie relativa a danni ad un'autovettura causati da un cinghiale all'interno del Parco Nazionale del Gran Sasso). Cassazione civile, sez. III, 10/10/2007, n. 21282
     
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